Storiella di luglio

Vacanze estive in montagna, paesetto a un ventina di km da Cortina,
cira 1982. Gara.

Saggia idea, quella dell'obiettivo minimo, ti consente di partire
rilassato in quanto, se sei stato previdente, verrà raggiunto almeno
uno degli obiettivi prefissati e si evitera' quella spiacevole
sensazione di fallimento (per quanto spesso le migliori lezioni si
traggano dalle prestazioni piu' infime).
Il Buon Senso vorrebbe, e chi puo' dargli torto, che tale traguardo
minimo fosse facilmente raggiungibile: partire (forse il migliore :-)),
arrivare, arrivare in un certo tempo (non il personale, possibilmente)
etc.

Non seguivo molto il Buon Senso quando avevo 17 anni.
Ormai sono passati quasi vent'anni ma Quella Gara me la ricordo bene.

L'obiettivo minimo (in realta' l'unico) era "farla tutta correndo".
In apparenza l'aspirazione sembrava congrua peccato che si trattasse di
una 13km in salita: si partiva da 800 m slm e si arrivava a poco meno
di 2000.
La mia autonomia teorica era superiore pero': in pianura, a livello del
mare, a ritmi decisamente piu' lenti di quelli che poi avrei tenuto in
gara.
Le mie corse di allora difficilmente superavano i 60' e, della
competizione, provai al massimo il primo terzo.
Il percorso era piacevole in quanto si partiva dal paese e dopo 3 km di
asfalto ( con circa 500mt di pendenza assolutamente non "pedalabile",
ma era all'inizio) si passava ad uno sterrato regolare in mezzo al
bosco per altri 7 km; gli ultimi 3km si snodavano su un sentiero oltre
il limite degli alberi che alternava tratti in piano ad altri di salita.
Al solito l'avvio fu brillante e spensierato ("e che sara' mai, devo
solo correre, anche pianissimo, fino in fondo"), nel bosco ho vissuto
abbastanza tranquillo, la salita era lieve e regolare, la sofferenza
era gestibile.
Gli ultimi 3km furono invece ben diversi: oltre il limite di tempo in 
cui avessi mai corso (a ritmi ben inferiori) e oltre i 1600/1700 mt di
altitudine (ritengo possa aver influito) ho avanzato sempre piu'
lentamente, sempre correndo pero', fino all'arrivo dove crollai
stremato (mi dice chi ha assistito, io non saprei) dopo circa 1h50'.
Passarono parecchi minuti prima che riacquistassi un po' di colorito e
potessi essere abbastanza lucido da prendere mentalmente nota di
fissare obiettivi minimi piu' abbordabili (proposito sempre mantenuto
da allora).
I ricordi si perdono nelle nebbie del tempo trascorso ma quella
sensazione di aver finito ogni risorsa e di andare avanti stile automa
senza pensieri estranei all'avanzare mi e' rimasta indelebilmente
impressa.
E indelebilmente e' rimasto impresso il mio arrivo ai miei genitori. Fu
l'unica mia gara cui abbiano mai assistito. Tutt'ora, se ne faccio
cenno, il capo di mia madre si china e si scuote con lentezza,
dolorosamente.

L'anno successivo, memore degli errori (non marginali, devo ammettere),
mi preparai in modo piu' coscienzioso arrivando a coprire fino ai 10km
del percorso in allenamento e, in gara, alternai corsa sostenuta e
cammino in quel sentiero finale giungendo al traguardo, relativamente
fresco, in meno di 1h30.

Si era in Luglio e, ogni anno, in questo periodo mi vien voglia di
ritornarci, chissa' se la fanno ancora.
Bisogna che mi informi, anche questo lo dico ogni anno.

Fra l'altro non ci sono le Odiose Discese, neanche pochi centimetri.
Ormai sono rassegnato, nei declivi mi passano tutti, ma proprio tutti,
e se non mi superano significa che sto andando troppo forte e che il
giorno dopo camminero' dolorante per qualche tendine irritato o muscolo
indolenzito.
Se non e' ripida ancora ancora mi difendo: basta usare un po' i piedi,
spalle leggermente avanti, scioltezza e via.
Ma se e' ripida, il buio. Se vedete un tipo che cammina in discesa
gesticolando e imprecando, visibilmente irritato, probabilmente sono io.

05.07.01