top left image
top right image
bottom left image
bottom right image
Dec 2010

Per chi suona la campanella



campana

Nel tempo ho sviluppato una mia routine per la prevenzione degli infortuni.

Qualsiasi dolore localizzato, che duri più di qualche decina di secondi, viene trattato sul posto. Vale a dire che mi metto a camminare per una cinquantina di metri e poi riprendo.

Per buona parte dei fastidi è terapia sufficiente.

In qualche caso, sia l’età, o qualche altro fattore di stress, la cosa non si risolve, o magari è presente per motivi estranei alla corsa, per cui posso anche rinunciare del tutto all’uscita e fare trattamenti localizzati in relazione all’entità del danno (dalla palla da tennis per l’automassaggio locale, al fisioterapista per le cose che non riesco a risolvere).

In tutti i casi ho notato che l’infortunio tende a fare il suo corso, che ha uno sviluppo classico a campana, come nel disegnetto sopra. E non importa quanto presto lo prendi, tende a percorrere il suo tragitto, aumentando fino al picco, anche se non stai facendo nulla in attesa che passi, per poi diminuire gradualmente.

Ecco, tutto questo per dire che a volte serve quell’attimo di pazienza, ed astensione dal panico, quando, nonostante il riposo, il problema sembra non passare.

Ed ancora prima, che rinunciare ad un allenamento può essere una decisione che salva dal saltarne molti altri in seguito.

Ho anche notato che una volta superato il picco si può riprendere pian piano anche prima che la curva sia discesa a livello iniziale, salvo ovviamente fermarsi se si nota che la linea cambia orientamento e riprende a salire.

NB: tutto questo in termini di esperienza personale, che nessuno può considerare sostituto di consiglio professionale da parte di persona abilitata all’uopo. Cosa che io non sono.

|

New Balance, modello sconosciuto, circa 1980

New Balance, Model Unknown, Circa 1980 (extended view)

E visto che siamo sulla strada dei ricordi ci mettiamo anche queste, che risalgono alla fine degli anni settanta, inizio anni ottanta.

Mi furono regalate dal mio allenatore, che a sua volta le aveva ricevute da qualcuno, ma non siamo riusciti a ricostruire chi. Non era infrequente ai Meeting di Atletica chiedere del materiale agli atleti sponsorizzati, che ne avevano sempre oltre il necessario.

In ogni caso, New Balance, made in USA, che non si vede più molto spesso in quel mercato. Nate in un priodo in cui le scarpe da corsa erano solo scarpe che servivano per correre, e non si sapeva nulla di iperpronazione, supporto o minimalismo.

Essendo un regalo non volevo rovinarle e ci ho corso solo poche volte. Me le ricordo reattive con il giusto tocco di ammortizzazione.

Si stanno lentamente dissolvendo, ma ogni tanto le recupero e ci dò un’occhiata. Portano alla luce bei ricordi.

|

La Staffetta

Relay

Ci sono scarpe che hanno grandi storie da raccontare, conquiste, una ‘prima’ gara, una gara tosta, una memorabile.

Alcune non ne hanno, ma non sono per questo meno importanti.

Quelle Saucony Ride 2 mi sono state a fianco, per modo di dire, in un periodo di tendini doloranti e morale in discesa. Mai si sono lamentate per il ritmo lento o le frequenti soste. Hanno fatto semplicemente il loro lavoro, a malapena si notavano, ma era l’unico paio che potevo indossare senza soffrire.

Adesso sono stanche, pronte ad essere rimpiazzate dalle loro gemelle, che sanno di dover portare avanti una eredità di supporto e confort.

Gare più veloci arriveranno, si spera, grazie anche alla loro accettazione del ruolo avuto nella mia storia.
|