Viaggi nel tempo 2
Si parlava di viaggi nel tempo ed ecco che una soffitta bisognosa di ordine e tranquillità spara fuori un Correre del settembre 1981, in cifre 27 anni fa.
C’è un articolo su Mariano Scartezzini, di cui ammiravo la condotta di gara. Sorniona e disinteressata fino ad un paio di giri dalla fine, quando si portava sul gruppetto di testa per poi fulminarlo con uno sprint lungo sostenibile (termine che allora non esisteva in riferimento alle varie attività che svolgiamo più o meno quotidianamente) solo da lui.
Si parla del mitico Giro dell’Umbria, la prima corsa a tappe famosa, in Italia. Ricordo che mi incuriosiva questa strana formula di manifestazione cui non ho mai partecipato.
La grafica è più semplice di quella attuale e le pubblicità più ingenue ed anche strane, con scarpe tipo le Patrick (?) o le Valsport. O le mitiche adidas “Los Angeles Trainer” con gli inserti in gomma di diversa durezza da inserire nella zona del tallone. Quasi tutta roba italiana comunque, il che mi ricorda che internet non esisteva e quello che succedeva nel mondo ci arrivava attraverso i telegiornali, qualche amico più fortunato che andava a correre all’estero, oppure la pazienza di attendere qualche anno per i prodotti più famosi.
Poi ci sono i gemelli Gennari, che correvano i 100 chilometri, che era una cosa neanche immaginabile per me, in un periodo in cui pensavo che prima di smettere (probabilmente “appena” prima) avrei voluto correre una maratona come coronamento della carriera podistica.
E poi la Silvana Cruciata, Maria Pia D’Orlando, Paola Pigni, chissà che fine avranno fatto.
E poi le maratone nel mondo. Come quella di Montreal “famosa in tutto il mondo per i suoi 10.000 partecipanti”. E Berlino, ricordando che Berlino Ovest è “come un’isola nel cuore della Germania dell’Est”. Per non parlare di New York “divenuta ormai così famosa e il cui numero di partecipanti è stato da quest’anno limitato a non più di 16.000, fatto è che le 225 iscrizioni che il comitato organizzatore di Fred Lebow aveva garantito all’Italia sono risultate praticamente insufficienti”.
E’ utile ogni tanto incappare in qualche reperto storico, che ci ricordi quanto abbiamo guadagnato, e quello che possiamo aver perso da allora.
Viaggi nel Tempo
Per esempio io ho sempre subito il fascino dei viaggi nel tempo, da Ritorno al Futuro, a Peggy Sue Si è Sposata a Non Ci Resta Che Piangere a Lost a Life On Mars a The Lake House a Kate & Leopold e perfino a Hancock e Highlander che trattano il tema da un punto di vista diverso.
Il tutto per ambientare il mio stato d'animo durante un lungo nelle colline toscane, gia ricche di storia per conto loro, passando per Corella: quattro case, una chiesa e una cabina telefonica. Da quanto tempo non ne vedete una? Perché io non ci avevo fatto caso ma è proprio da tanto. Non che ne senta la mancanza, intendiamoci. Certo che vederla lì, in una ambientazione improbabile (togli i fili dell’elettricità e potresti comodamente pensare di essere finito nel milleqquattro, quasi millecinque), ti fa pensare a quando una cosa del genere era vista come una conquista della civiltà. Adesso c’è gente che si secca se le email arrivano sul telefono dopo quindici minuti, invece che immediatamente.
Poi ti reimmergi nelle colline montagnose di questa zona a nord della toscana, ai limiti del Mugello, e vieni investito da una Tempesta di neve, il 21 marzo, primo giorno di primavera. Neve orizzontale, vento, e guancia destra che in pochi secondi perde sensibilità. Fortunatamente ero coperto a sufficienza per completare questo mini viaggio nel tempo, anche, interstagionale. Ma torni contento ad una casa calda, con l’acqua corrente per una doccia calda e il caminetto.
La corsa alcune volte ti porta in posti che ti ricordano quanto sei fortunato a vivere dove vivi, in questo tempo di opportunità e comodità.
Interferenze
Ha inserito la firma automatica “spedito dal mio iPhone” anche sulle email che invia dal computer, così i suoi interlocutori non si sentono offesi se manda risposte brevi.
La mia prima reazione è stata:
?
Poi ho pensato, tristemente, a quante volte spendiamo una parte del tempo, destinato teoricamente a lavorare per raggiungere un obiettivo, per crearci una scusa nel caso le cose non andassero bene.
Che, per carità, è politica che spesso paga, non entriamo nei dettagli.
Ma se parliamo strettamente di lavorare per obiettivi, pensando che non ci siano alternative al raggiungerli, ecco che tutte le nostre forze saranno concentrate per avanzare verso quell’obiettivo, sia esso il traguardo di una gara o semplicemente comunicare in maniera adeguata.
C’è una presentazione interessante di Barry Schwartz, riguardante il paradosso della scelta. Pare che la nostra mente sia felice quando può scegliere tra due o tre alternative mentre va letteralmente in tilt quando deve farlo tra decine. Gli rimane sempre il dubbio che forse c’è un’alternativa migliore che non ha considerato. E smette di decidere, o resta sempre col dubbio che sarebbe stato meglio prendere un’altra strada.
Di nuovo, visto che qua rivolgiamo le nostre attenzioni alla corsa, se parto con l’idea che salvo problemi medici, non ho alternative ad arrivare, spenderò il grosso del mio tempo per avanzare e non dedicherò neanche una molecola di glicogeno a decidere se devo ritirarmi o meno. E’ già stato deciso prima, non ho scelta (ripeto, salvo infortuni che, di nuovo, non sono comunque una scelta).
Alla fine, meno scuse elaboriamo e più tempo/energie abbiamo per fare quelle che dobbiamo fare.
E, tornando a Kevin Rose, direi di mettere in conto un po’ di rispetto per i nostri interlocutori. Scusarsi per il fatto di non avere un mezzo adeguato per comunicare è un problema di chi scrive, non di chi legge, e non è che scusandoci risolviamo quel problema.
O, per dirlo con le immortali parole di Maurice Minnifield: “Sorry!? Do you think sorry landed the man on the moon, or built the Transalaskan Pipeline or brought oil down from Point Barrel? Sorry wasn’t in those people vocabulary, do you know why? Because they had a job to do and they took great pride in doing it”.
Savassa è sempre Savassa
Improvvisate felpe, recuperate dal bagaglio dove risiedevano per emergenze, cappucci, tutto quello che serviva a proteggere da un vento settentrionale, che scendeva dalle montagne con la rincorsa, ci hanno accompagnato verso le iscrizioni.
Passati i primi momenti di sgomento, e lasciato che il sole scollinasse, la temperatura si è fatta più mite, e complice la salitona iniziale da due chilometri si è potuto anche spargere qualche goccia di sudore.
Giunti in cima al nastro d’asfalto inclinato, per qualcuno insopportabilmente, inizia quello che fa di questa manifestazione (in particolare la 20km, che poi sono poco meno di 19) la mia preferita del calendario: una lunga discesa gentile interrotta da brevi salite, ad esplorare boschi e lungo laghi.
Con quei tratti tecnici (=sassosi ed infidi) che ti diplomano con lode per qualsiasi altro terreno. Se passi.
Traslochi prima della Marcia dei Castelli a Susegana
L’arrivo di un nuovo portatile comporta la grossa opportunità di partire pulito, liberandoti anche di tanta fuffa che avevi provato senza successo, ma ti mette di fronte a programmi che non funzionano più sul nuovo sistema operativo, o semplicemente a programmi, o icone, che non ti ricordavi neanche di aver installato, figurarsi poi se si tratta di ritrovarne l’origine.
Il tutto per dire che il sito dovrebbe funzionare come prima, se non lo dovesse fare (tipo immagini che compaiono in luoghi strani o altre amenità ) vi prego di segnalarmelo. Il nostro obiettivo è la soddisfazione del lettore, quanto meno in termini formali.
Esaurita la premessa tecnologica si passa a questioni più tecniche, e umane.
La Marcia dei Castelli è una manifestazione ben organizzata che di sviluppa in una zona piacevole alla vista e al tatto. Colline, boschi, campagne. Spesso tra cacciatori fuori stagione, che si ritrovano lo stesso per fare quattro chiacchiere e una sgambata al cane.
Non stupisce quindi che, complice il clima improvvisamente tardo primaverile, i parcheggi fossero già affollati ben prima del solito, e che per tutto il percorso, questa volta abbiamo scelto i 21km, non ci si sentisse mai soli soli. Oddìo, dopo il bivio con la 12km, c’è stato molto più spazio per gomiti e deviazioni improvvise, ma sempre con la sensazione di non trovarsi abbandonati a noi stessi, come in tante gare lunghe accade.
Alla fine portati a casa un bel po’ di chilometri sinuosi su vari piani, verticale e orizzontale.