La lepre

Quando facevo l'allenatore c'era un gioco che mi piaceva far fare ai giovani che si affacciavano speranzosi al mondo dell'atletica.

Si trattava di una gara di regolarità: dato un tempo accessibile a tutti sui 400 metri vinceva chi riusciva ad avvicinarcisi di più.
Ne uscivano dei risultati interessanti. La prima volta era una specie di suicidio. Tutti al massimo, e non cambiava praticamente nulla rispetto ad una gara normale.
In poche sedute la situazione si ribaltava e, con le ovvie differenze di prestazioni, tutti cominciavano ad interpretare la prova correttamente, gestendo lo sforzo in relazione all'obiettivo stabilito.

Questo gioco dava a tutti la possibilità di vincere, indipendentemente dalle potenzialità fisiche, ma aveva lo scopo, principalmente, di costruire una sensibilità al ritmo.

Era utile anche per i velocisti, ma in particolare ai corridori di lunga lena creava le basi di quella che è la dote principe (principessa?) del fondista.

Chiunque abbia mai corso una maratona partendo troppo forte (quindi tutti quelli che ne abbiano fatta almeno una) sa di cosa parlo: della capacità di correre ad un ritmo non massimale adeguato alla distanza da percorrere.

Negli ultimi anni il gioco viene fatto anche dagli adulti (non che con questo voglia assumermene alcun merito, ci sono arrivati da soli) con l'organizzazione delle lepri per tutti. Ormai le maratone importanti offrono un servizio di pacemaker che in genere va di quarto d'ora in quarto d'ora dalle tre ore auspicate fino a "entro il tempo massimo".

Ci sono atleti che si sono specializzati in questa attività, che svolgono con apprezzabile perizia, e che presenta delle difficoltà per certi aspetti superiori a correre al massimo.

La distribuzione della prestazione dev'essere assolutamente precisa dall'inizio alla fine, con margini di errore estremamente ridotti. Errori che, tra l'altro, non vengono pagati dal singolo ma da tutti quelli che di lui si sono fidati.

E' quindi comprensibile anche la pressione cui le lepri sono sottoposte.

Eppure sempre più persone si offrono e svolgono questo ruolo con perizia e soddisfazione. C'è l'aspetto prestazione individuale, il fattore sociale e il divertimento di correre senza doversi spremere al massimo per fare il personale.

Maratone tirate se ne potranno fare un paio all'anno, mentre la lepre uno la può fare molto più spesso, mettendo in gioco la testa più che il fisico.

Senza poi dimenticare che, una volta che la lepre decida di correre la maratona cercando la prestazione, avrà acquisito quella capacità di leggere il ritmo che è fondamentale in questa gara.