Il ponte tibetano (*)

In Agosto, complice un dolorino al tendine d'achille destro, ho cominciato a fare qualche mini allungo scalzo, visto che non mi creava problemi.

Ho iniziato al campetto di calcio vicino casa con tre o quattro allunghi di corsa lenta su 40 metri. Di fare di più non se ne parlava. Voglio dire, ho speso degli inverni senza praticamente mai andare a piedi nudi, se si eccettua il breve tragitto camera bagno del primo mattino e prima di coricarsi. E in estate non è che andasse tanto meglio.

Comunque ho incrementato gradualmente e oggi riesco a fare una mezzoretta alternando corsa e cammino. Su asfalto ed erba non ho grossi problemi ma, fino ad oggi, nel mio giretto standard (che per il resto è l'ideale mix di terreni piacevoli) c'era un ostacolo quasi insuperabile, un pezzetto di strada sterrata, un centinaio di metri non di più, con ghiaia, molta ghiaia.
Migliaia di sassolini puntuti.
Un incubo.
L'ho sempre attraversata a tappe. Pochi barcollanti passi in apnea, pausa sull'erba a lato per il recupero, e la necessaria scorta di ossigeno, e via così fino alla fine.

Oggi ero pronto all'ennesima tortura quando, inspiegabilmente, i primi passi non sono stati affatto dolorosi. I sassi erano lì, ma li percepivo più che soffrirli, e così ho percorso tutti i cento metri andata e ritorno.

Ok, verso la fine del ritorno l'andatura era un po' meno dignitosa.

Resta comunque un piccolo passo per l'umanità, ma un grande passo per me.

Onestamente non ci pensavo neanche come obiettivo al momento, per quanto l'immagine, di trent'anni fa circa, del mio vicino che correva sull'allora strada sterrata di fronte a casa mia, come niente fosse, è stampata a fuoco tra le mie memorie di bambino.


(*) il titolo è riferito al film "Uomini duri" con Pozzetto e Montesano, in cui un ponte tibetano di corde, che Pozzetto non riesce a superare, è posto come metafora dei piccoli e grandi ostacoli che incontriamo nella vita.