Riserve Inesplorate

Mi stavo godendo una foresta stile Oregon, con l'odore dell'umidità di una domenica mattina di tardo autunno, quando il suono di uno scampanellìo ha attirato la mia attenzione per un attimo, ma subito mi sono rassicurato al pensiero 'ah, un gregge'. Poi, nel mondo di sensi che circonda le corse nella natura, la vista di un cane esploratore (ma non lo sono tutti?) mi ha fatto pensare 'ah, qualcuno che porta a spasso il cane'.

Il cane, però, era di una particolare categoria, da caccia, la quale di solito non è oggetto di attenzioni medio borghesi quali la passeggiata (fine a sé stessa).

Dopo qualche centinaio di metri altro scampanellìo, due cani questa volta, e due umani in completo mimetico. Armati.

Quella che pensavo una riserva di ripopolamento si è rivelata una riserva di caccia. Affollata. In condizioni di visibilità ridotta.

Incredibile come un ambiente si possa trasformare in pochi secondi da accogliente e fucina di pacifiche riflessioni, a ostile ma culla di una intensa acutezza sensoriale e consapevolezza del presente (roba che c'è gente che paga fior di soldi per raggiungere).

Con passo leggero e rapido cerco di portarmi fuori dalla zona calda e sbuco sulla strada sterrata dove mi trovo faccia a faccia con un cacciatore in carne, ossa e sovrapposto. Faccio la cosa più sensata che si possa fare di fronte ad una persona armata: cerco di non irritarla. Mi scuso con un 'credevo fosse una zona non di caccia'.

Il cacciatore, con mia sorpresa, si sorprende a sua volta e mi chiede perché mi scusi. Io dico che non volevo disturbare e lui si lanci in una filippica sulla libertà di tutti di andarsene a spasso. Che carne in tavola ce n'è comunque, e che la caccia è un passatempo per cui anche se non prendono nulla non è cosa grave.

Si allontana borbottando e io entro finalmente in zona protetta, che non è detto che tutti la pensino come il mio interlocutore. Un po' mi solleva ma poi mi distraggo in fantasticherie sul futuro, e quel bel momento vigile di totale presenza è passato.

Ritornerà, per qualche minuto, in una discesa ripida e insidiosa, dove un passo falso potrebbe portare a un infortunio reale.

Per poi lasciare il posto ad una quieta sgroppata finale.