top left image
top right image
bottom left image
bottom right image
Jul 2008
Magdalena Lewy Boulet
Quando noi mortali immaginiamo gli atleti olimpici, la nostra mente disegna muscoli scolpiti, menti affilate e volontà incrollabili.

La vita di questi eroi dei nostri giorni viene immaginata come monodimensionale: allenamento, alimentazione e riposo, ancora allenamento e così via.

E a leggere dei solitari inverni di Pietro Mennea in una camera d'albergo a Formia , l'idea di fare l'atleta olimpico improvvisamente diventa un po' meno affascinante.

Rimane comunque la scusa, per noi "normali", con lavori e famiglie a tempo pieno, che magari potremmo essere anche noi lì se non dovessimo sottostare ai doveri sociali e della sopravvivenza.

Poi leggi di Magdalena Lewy Boulet.

magda1

Ai trials olimpici di maratona di quest'anno, corsi a Boston, è partita in testa, nessuno sapeva, o ricordava, chi fosse.

Forse perché era un signor, o meglio una signora, nessuno.

Nel 2004 aveva fallito la qualificazione per poco, quinta, poi era piombata negli abissi della fascite plantare. Con un futuro agonistico incerto, se non da accantonare, si è rimboccata le maniche e ha affrontato un lavoro a tempo pieno, e, soprattutto, un figlio a tempo pieno. Aiutando anche di quando in quando nel negozio di cui il marito è compropietario.

Per guadagnare tempo un bel po' di allenamenti se li è fatti in casa, sul treadmill, mentre il figlioletto prima giocava, e poi, sempre più cosciente e coinvolto, la incitava.

Un fondo medio in una stanza, con un unico tifoso, piccolo ma enorme.

E, sempre centellinando le risorse, si era qualificata con un insignificante, a livello di aspiranti olimpionici, 2h42'. Non c'è da stupirsi che il gruppetto delle inseguitrici, tra cui la primadonna della maratona USA, Deena Kastor, non sapesse chi fosse.

E' arrivata ad avere un vantaggio di due minuti, centoventi secondi, non un granché da correre col terrore di arrivare quarti, che negli USA significa essere fuori dalla squadra, e col ricordo del calo finale, nei trials del 2004, quando gli ultimi chilometri la videro svuotata e impotente di fronte al rientro delle avversarie.

Questa volta però aveva risorse nuove, paradossalmente date proprio da quella vita intensa, ma equilibrata, e fuori dai canoni degli atleti, più vicina a chi deve affidarsi all'agenda per incastrare, con ambiziosi equilibri, l'allenamento come una delle attività, neanche la principale, nella giornata.

Deena ha rimontato, e l'ha passata, relegandola al secondo posto in quella gara, ma al primo nel mio cuore, a questo punto.

E a Pechino ci andrà, come nelle favole, grazie all'impegno e ad una volontà non comuni. Come nelle favole all'arrivo dei trials gli si è avvicinata anche la responsabile Saucony, per averla come testimone di valori e sentimenti che tutti vorrebbero avere. Probabilmente non vincerà le Olimpiadi ma di certo ha ispirato ed ispirerà molti di quelli che ne conosceranno la storia.

Aggiornamento del 21/08/2008: Magdalena spiega cosa è successo alle Olimpiadi

magda2

Dati e storia tratti dall'articolo "Back on Track" di Kibby Kleiman, pubblicato su East Bay Express. Foto dal sito Transports.

|
Considerazioni tecniche su Sequoia 50k
Si diceva 6h32', distribuite discretamente. Direi controllato e bene fino a 4h/4h30, poi il calo, che però non è stato un crollo come al GRPTV, ma un rallentamento, specialmente in piano e nelle salite ripide. Tutto sommato ho tenuto in discesa e nelle salite medie.

E questo lo attribuisco ai lavori più sostanziosi che hanno preparato questo evento. Un paio di lunghi da 6 ore, inframezzati da uno da due ore in piano, abbastanza sostenuto. Un chilometraggio settimanale in graduale ascesa spesso oltre i 60 km, con una punta di 76km. In più maggiore convinzione nei lavori più corti, soprattutto nelle salite.

Nessuna conseguenza nei giorni successivi. Giusto giusto un po' di indolenzimento ai quadricipiti se provo a correre in discesa.

E questo, non mi stancherò di ripeterlo, lo attribuisco ai lavori tecnici, in particolare in discesa dove cerco sempre di mantenere l'appoggio leggero e la frequenza alta. Con lavori specifici di allunghi a mente e corpo freschi.

Non sono uno che si scapicolla, in genere sono sempre controllato, ma con questo sistema anche in questa gara ho visto che in genere ero più veloce dei miei compagni di viaggio proprio in discesa.

Guardando al futuro direi che è una strada da continuare, graduale aumento del chilometraggio settimanale, con lavori di fartlek bello lungo e più corse vicine alla soglia.

Dal punto di vista meteo era una gara prevedibile e quindi non ci sono stati grossi problemi in merito all'abbigliamento. Per l'acqua mi sono affidato al marsupio amphipod con la borraccia da mezzo litro che è bastata tra un ristoro e l'altro. Mi sono alimentato regolarmente con Clifshot blocks, jelly beans e trail mix. Sempre acqua nella borraccia, mentre ai ristori qualche bicchiere di cocacola me lo sono buttato giù, con conseguente ruttino liberatore dopo qualche centinaio di metri.
|
Sequoia 50k - Oakland California
Questi gli obiettivi scritti la sera prima della gara:
1) finire entro il tempo limite (9ore)
2) finire entro le 7ore (personale sulla 50km 7h05')
3) saldo positivo sorpassi fatti/subiti nel secondo giro (ultimi 20km)

Questo il consuntivo:
1+2) chiuso in 6h32'
3) saldo più tre, quattro fatti e uno subito.

L'ultimo obiettivo è stato ideato in quanto ho la perniciosa tendenza a partire troppo forte. Forzandomi ad andare piano il primo dei due giri del percorso (il giro era da 20km, ma nel primo bisognava fare anche uno "sperone" da 5+5km di andata e ritorno) speravo di avere così una distribuzione equilibrata dello sforzo.

Così è stato, anche se il calo è stato comunque sensibile. Forse si può partire ancora un po' più piano, e decisamente allenarsi di più, cosa che stiamo gradualmente implementando, come si suol dire.

Per il resto un percorso in gran parte ombreggiato su sentieri morbidi e accoglienti. Lo dimostra il fatto che, al riveglio del mattino dopo, il tratto letto-bagno non differisce dal solito, con doloretti da avvio assolutamente nella norma.

In questo periodo la zona ad Est della Baia di San Francisco ha un clima quasi ideale per la corsa. Coperto più o meno fino alle undici con temperature ben sotto ai venti gradi centigradi, e poi un sole caldo e asciutto che può essere fastidioso allo scoperto. Nel caso della gara in questione, corsa tra i parchi Joaquin Miller e Redwood, l'abbondante vegetazione ha fatto sì che si sia corso quasi sempre all'ombra.

Organizzazione della
Pacific Coast Trail Run come sempre familiare e professionale allo stesso tempo.
|
Uno che dice pain al pain
"I fondisti sono esperti in dolore, disagio e paura. Non te ne esci sentendoti bene. E' una questione di quanto dolore riesci a gestire in quei giorni. Non è una strategia. E' solo la mente ed il corpo che devono fare il callo a gestire il disagio. Ogni podista serio si rimette in piedi. E' la natura del loro gioco. Sopportare il dolore."

Mark Wetmore, allenatore delle squadre di Cross Country della Colorado University
Dal libro
Running With The Buffaloes, di Chris Leary
|
Libro: "Running With The Buffaloes" di Chris Leary
Nel 1998 Leary, podista a sua volta, si è preso qualche mese di libertà e ha seguito passo passo la squadra di Cross Country dell'università del Colorado, per gli amici i Buffaloes.

E quando dico passo passo intendo che il libro è una specie di diario di ogni allenamento che quei ragazzi hanno fatto per prepararsi ai campionati nazionali.

Non rivelerò il piazzamento finale né altre sorprese che si incontrano lungo il percorso.

Ho fatto un po' di fatica a procedere, per problemi miei nei confronti dei diari e delle raccolte di storie, il racconto spezzettato non mi fa entrare in temperatura.

Per il resto è anche piuttosto tecnico ed in misure statunitensi, quindi gran dettagli dei tempi sul miglio per i quali non ho sensibilità. Mi dici quattro al chilometro ed ho un riferimento anche sensoriale, mi dici 6'26" a miglio e sono solo numeri. Stessa cosa per venti miglia in due ore.

Al lettore metrico decimale mancherà dunque quel sottile piacere di capire immediatamente quello che succede, senza doverlo tradurre mentalmente, o con la calcolatrice. Peccato perché per il resto riesce a dare un bello spaccato di quella che è la vita degli agonisti. Con utili incursioni nei loro pensieri, motivazioni e paure.

Ci sono inoltre molti spunti di riflessione in merito all'allenamento e alle strategie di gestione della stagione e della singola gara.

C'è anche una perplessità da parte mia. Parliamo di una università che ha una squadra costantemente nei primi cinque nazionali, che offre qualche borsa di studio, che ha un tecnico che crede in settimane da 160km in allenamenti singoli (niente bigiornalieri), eppure manca di un massaggiatore/fisioterapista convenzionato. E a fine stagione l'allenatore si siede alla scrivania cercando di capire perché ci siano stati così tanti infortuni, praticamente ogni atleta ha avuto problemi più o meno gravi.

Direi non tra i testi fondamentali, ma sono contento di averlo letto.
|
Lo Scarico, ancora lui
Si parlava dunque dello Scarico.

Ed eccolo ancora quì, sono quasi alla fine di due settimane di passione e privazioni. Niente allenamenti duri per sfogarsi, niente scarpe nuove, niente cibo sconosciuto. Terrore ad ogni doloretto strano.

Anche quì l'allenamento aiuta, ed essendo il secondo dell'anno lo sto soffrendo meno. Aiuta anche che la coscienza è più a posto del solito, avendo lavorato più seriamente e presentandomi ad una gara finalmente con la consapevolezza di arrivare alla fine confortevolmente, e di dover lavorare duro "solo" per completarla dignitosamente.

La strategia è delineata, lo studio del percorso procede.

Nota mentale: riflettendo sulle esperienza del passato ho notato che i miei personali sono sempre coincisi con un periodo di allenamento per una gara più lunga. Tipo personale sulla mezza quando preparavo una maratona, e il giorno dopo un paio d'ore di fondo lento. Mmmhh, torneremo sull'argomento.
|
Prospettiva
Negli ultimi giorni ero tutto preoccupato per l'idratazione del lungo di fine settimana. Alla fine, non senza patemi, ho scelto il percorso, la tempistica e la strategia in modo da risolvere il problema.

Partito alle 06:20, come previsto, dopo 45 minuti sono arrivato all'attacco del sentiero, in realtà una strada sterrata, che però mi piace tanto perché scorre ondeggiando senza grossi dislivelli. Quella era la parte che pregustavo, prima della salita ripida che mi avrebbe portato sulle terre alte e ventose.

Con la coda dell'occhio ho scorto un cartello che mi sembrava non aver mai notato, mi sono fermato, et voilà, il problema dell'idratazione non sembrava più così centrale nella mia vita.

Il cartello informava infatti che "recentemente c'è stato un avvistamento di un puma e di un cucciolo" proprio sul MIO sentiero preferito.

Si tranquillizzava il pubblico, sono animali che in genere non attaccano gli umani, a meno che costretti (per esempio, dico io, dalla necessità di nutrire i propri picccoli in un momento di ristrettezze generali). E via con i consigli distribuiti in 8 punti.

Quelli che mi ricordo: fare rumore, cantare, fischiare, battere le mani (fattibile), girare in gruppo (al momento non fattibile), in caso di incontro non mettersi a correre ma con calma alzare le braccia per sembrare più grandi possibile, e indietreggiare lentamente per offrirgli una possibilità di fuga (fattibile, da me, per la fuga sua non so).

E l'ottavo, il mio preferito: se vi attacca, combattete.

Grazie.

Si diceva, quindi, l'acqua passava in secondo piano, mentre riflettevo sulle abitudini di caccia dei predatori. Tramonto e alba. L'alba era già passata per cui potevo sperare in un gattone intorpidito da una lauta colazione. O un felino maldisposto per un inaspettato ed irritante digiuno?

Il mondo ha cominciato a funzionare al contrario, le zone ombreggiate, di solito rifugio dalla canicola, erano diventate perfetti luoghi per un'imboscata.

All'erta per ogni rumore sospetto, le due o tre canzoni che ho improvvisato, oltre che farmi sentire più esposto, incidevano anche sulla mia autostima, per cui sono passato ad una corsa leggera e circospetta.

Alla fine ho incontrato solo decine di miniconiglietti, neanche tanto preoccupati. Uno dei casi in cui l'analfabetismo ha dei vantaggi.

Il resto del lungo si è svolto senza grossi inconvenienti, passeggiatori e ciclisti domenicali hanno cominciato ad affollare il parco, ampliando la scelta di potenziali prede, in molti casi, voglio pensare, più appetitose e senz'altro più semplici da catturare (elemento che non sfugge al predatore, che in genere è prono a spendere le minori energie possibili nella quotidina lotta per mettere il pane in tavola).

L'acqua mi è bastata. Come un orologio, mezzo litro ogni due ore.
|
Al solito, se ti danno dei limoni facci una limonata, e il galateo della maglietta
Scott Dunlap rinvia a due interessanti articoli che riguardano il mondo della corsa:
1)
Gretchen Brugman parla della reazione alla recente cancellazione della Western States, gara di 100 miglia molto prestigiosa, a causa degli incendi che stanno devastando le zone vicine al percorso.
Per chi non abbia voglia e tempo di leggerselo la sintesi è che il corridore di lunghe distanze è allenato/abituato a trarre il meglio dalla situazione in cui si trova, e ad affrontare le difficoltà man mano che si presentano, senza lamentarsi, ma cercando di trovare la soluzione migliore. Se non si fa così difficilmente si porta a termine una ultramaratona, indipendentemente dall'allenamento.
Ovvio che la categoria penalizzata (si tratta di una gara per la quale bisogna qualificarsi e poi partecipare ad una lotteria in quanto le richieste eccedono di gran lunga i posti disponibili. C'è gente che ci prova per due o tre anni prima di esservi accettata) più di tanto non abbia protestato. Perché la situazione era di oggettivo pericolo, per loro e per le persone che avrebbero lavorato per l'organizzazione, perché in prospettiva i problemi erano ben più grossi di una gara persa, e perché han cominciato subito a pensare "ok, cosa ci faccio adesso con tutti i chilometri potenziali che ho nelle gambe". Ieri Scott Dunlap è arrivato secondo in una 50km, e il giorno prima ne aveva fatti altrettanti in allenamento.

2)
Bad Ben aggiorna sul galateo della maglietta.
Anche quì, in due parole, dice che si può indossare la maglietta di un evento solo se vi si è partecipato. Volontari e "altre metà del cielo" esentati dalla proibizione. Ma ci sono un sacco di altre regole curiose, da leggere con il dovuto sorriso.
|