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Aug 2007
Redwood Park Trail Run
Juma Ikangaa probabilmente aveva in mente me mentre formulava la frase "la volontà di vincere è nulla senza la volontà di prepararsi".

Ma nelle ultime settimane, a dispetto della mia pessima attitudine nei confronti dell'allenamento, mi sono messo d'impegno, organizzando, e portanto a termine una serie di sedute (vagamente ispirate a
questo pensierino tecnico) che mi hanno messo in grado di completare la gara in un tempo che fino a due mesi fa mi sarebbe stato impossibile.

Non solo questo, vedere i risultati di un lavoro è sempre motivante, e, anche oggi, mentre salivo Spruce Street sorpassando un papà in bici che trascinava il figlioletto in uno di quei tandem dove quello dietro in genere non pedala, ho indossato la mia miglior Forma, allineato dalle caviglie in sù, petto aperto a respirare, braccia a collaborare e mente in sintonia, perché ricordiamoci quello che dice sempre Pietro Trabucchi: la fatica è un processo bidirezionale. I muscoli avvisano che sono stanchi e se la mente interpreta la cosa come devastante invierà segnali che li rendono ancora più stanchi. Se invece la fatica era già nel budget ci si limiterà ad una scrollata di spalle, se occorre mettendo in circolo una falcata ancora più rotonda.

Ah già, nel mio impeto ho dimenticato di dire che il percorso di Redwood è un piacevole, a parte un paio di salite quasi verticali, sù e giù all'ombra di conifere centenarie. Chi abbia corso su un sentiero morbido di aghi di pino o simili sa di cosa parlo, gli altri si rassegnino a rinunciare a calzini immacolati e si sporchino i piedi a provare. C'è un sentiero vicino ad ognuno di noi, fosse anche la banchina di una statale appena asfaltata.

Poi,
una volta creata la Visione, corpo e mente lavoreranno assieme per renderla concreta.
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Caro disegnatore di magliette da corsa
Ti scrivo perché nelle ultime settimane ho girato parecchi negozi e la totalità (=100%) delle magliette tecniche a manica corta che ho visto erano girocollo.

Ora, io capisco che dal chiuso di un cubicolo, con la faccia in un monitor da oltre 20 pollici il mondo sembri tutto sommato piuttosto costante e rotondo ma, ti assicurò, non è così.

A parte pochi fortunati che vivono in paesi a clima costante o altri che escono a correre solo se il clima è perfetto, per molti di noi la corsa è un momento che ritagliamo dai mille impegni di una giornata e che svolgiamo dove possiamo.

Quindi, anche uscendo in una lieta giornata di sole può capitare di passare su un asfalto reso caldo dai raggi del nostro amico in cielo (= caldo) e poi all'ombra di edifici inquietanti, oppure di alberi rassicuranti (= fresco).

Non parliamo poi del vento contro (= fresco) o a favore(=caldo). Siccome in genere si corre in tondo oppure vai e torna, il vento ce l'hai un po' a favore e un po' contro.

Hai idea della
differenza, in meglio, che fa mettere una cerniera, da aprire e chiudere alla bisogna, anche non tanto lunga, al collo di quelle benedette magliette da corsa?

Conto nella tua comprensione e sono aperto ad eventuali controdeduzioni in favore del girocollo nella corsa.

Con immutato affetto,

un podista.
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Sistema per segnare il percorso nelle gare di trail running
Gli amici della Pacific Coast Trail Runs organizzano oltre 20 gare all'anno e hanno un sistema molto pratico e riciclabile per segnare il percorso tra boschi e parchi californiani.

Legano le fettucce di plastica colorata a delle mollette da bucato in legno, che vengono piazzate ogni 3/400 metri.

In questo modo è facile appenderle alla vegetazione, l'impatto è minimo, ed altrettanto semplice è recuperarle non appena finita la gara per poi riutilizzarle alla prossima.

Altra astuzia: le fettucce sono di colore uniforme tranne che appena prima di un bivio dove sono a strisce e vengono appese dal lato del sentiero dove si deve girare.

Semplice, efficiente ed efficace.
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Inconvenienti di non usare il sistema metrico decimale
In Italia/Europa la cento km è il simbolo dell'ultramaratona. Per motivi che sicuramente qualche psicologo è in grado di spiegare la mente umana ha la tendenza ad arrotondare, per cui si va sempre alla cifra piena.

Negli Stati Uniti le distanze grandi si misurano in miglia. Un miglio equivale a milleseicentonove metri. E siccome ragionano come noi in merito agli arrotondamenti ecco che si ritrovano con centosessanta km sul gobbone per raggiungere lo stato riconosciuto di ultramaratoneta (in realtà varrebbe per qualsiasi gara sopra la distanza della maratona ma ricordate la questione degli arrotontamenti, nonché le soglie psicologiche).

Questo implica anche che, per i più veloci, ultramaratona "vera" significa star fuori almeno un quindicina di ore, ma per i più lenti siamo sopra le trenta.

Trenta ore, in cifre, è più di un giorno.

Fermatevi per un momento a pensare dove eravate trenta ore fa e tutto quelle che avete fatto sino ad ora. Un concorrente di una cento miglia sarebbe stato fuori alle intemperie avanzando, mangiando, bevendo e poco più.

La domanda su cosa spinga una persona a fare una cosa del genere non ha grosso significato. Se ne parlava l'altro giorno tra
Marin e mucche che la razionalità non è di questo mondo.

Io al momento sono immune al desiderio di completare una cento miglia, ma mi ricordo bene quando desideravo completare una maratona o una 13km "tutta di corsa" e capisco il piacere che possa dare raggiungere un obiettivo del genere.

headlands 100, headlands hundred


Nulla toglie, però, che si possa partecipare in altro modo, per esempio aiutando gli amici Sarah e Wendell che hanno organizzato la
Marin Headlands Hundred nel parco omonimo, che si trova a Nord di San Francisco.

A noi è toccato il turno di notte dalle 18:00 alle 06:00 ed è stata, come di consueto una esperienza interessante. Prima siamo stati spediti fuori con i glowing stick (quei bastoncini in plastica che pieghi e diventano luminosi, come si dirà in italiano?) a segnare una parte del percorso per il passaggio notturno.

Partendo alle sei e mezza per coprire oltre dodici miglia (= quasi venti km) ci siamo divisi i compiti ma trovati comunque al buio pesto ad appendere gli ultimi bastoncini.

In un parco, deserto, con i coyote, dicono.

Ma non si sono visti, forse era troppo presto. La luce delle torce un po' ballerina ci ha guidato alla macchina e poi ci siamo spostati in zona partenza/arrivo/ristoro di passaggio (la gara prevedeva un giro da 50miglia e due da 25).

I concorrenti erano una trentina e quindi non è che il posto fremesse di attività. Ogni mezz'ora circa ne passava uno, si controllava che fosse tutto a posto, lo si rifocillava a richiesta e via.

Si è dormito a turni (io dalle quattro alle sei) e quindi si è potuto apprezzare il bastardo vento pomeridiano serale che spira dall'oceano, ma di più il fatto che poi smette e resta il suono delle onde (e quello del generatore, che ci permetteva di vedere ed essere moderatamente riscaldati nella tenda a due pareti che costituiva il quartier generale).

I concorrenti che ho visto erano tutti al settantacinquesimo miglio, che fa oltre centoventi chilometri, ma sembravano lucidi e tranquilli. Si son mangiati un po' di minestra calda, qualcuno una fetta di pizza fredda. Acqua nelle borracce e via. Qualcuno quasi subito e qualcuno dopo un buon quarto d'ora di chiacchierata, che se lo moltiplicate per i posti di ristoro fa un bel po'.

Oltre il cinquantesimo miglio erano ammessi i pacer, che sono di fatto un amico compiacente che corre con te facendoti compagnia e, possibilmente, va a chiamare i soccorsi se a causa di un colpo di sonno finisci in un burrone.

In realtà i pacer sono quelli che ho visto in peggiore condizione. Uno è stato letteralmente guidato al ristoro dal concorrente e si è accasciato su una sedia chiedendo pietà e un po' di ghiaccio per le ginocchia doloranti.

Al mattino sono arrivati anche i volontari che avevano passato la notte agli altri ristori, piuttosto isolati, con racconti di coyote in litigio e un procione ostinato che voleva approfittare del cibo a disposizione dei concorrenti.

In definitiva un bel modo di trascorrere una serata alternativa. Come al solito consiglio a tutti di partecipare come volontari all'organizzazione di qualche gara, non necessariamente così lunga. Si impara molto dai concorrenti e sulle difficoltà che mettere in piedi un evento del genere comporta.

Per il resto mi ritengo ancora un corridore "solare", però quelle lampade frontali....

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Quanto veloce correrà, una mucca?
Per circa quattro anni ho guardato a Marin Avenue - a Berkeley, nel tratto che va dalla fontana degli orsetti a Spruce street - semplicemente come un segmento di strada che non valeva la pena di correre.

L'attacco e la fine sono così ripidi che in macchina hai il terrore di fermarti e di non riuscire più a ripartire.

Razionalmente conviene quindi camminarla, il rapporto velocità/economicità non ha paragoni.

Razionalmente.

Razionalmente.

In realtà la vita mi sembra più che altro un grande atto di fede. Fiducia nel fatto che per di qua, o per di là, il fatto di alzarci dal letto, andare al lavoro, farsi una famiglia, etc, abbia un significato ultimo, che magari al momento non comprendiamo.

Razionalmente.

E quindi, alla faccia dell'economia, sono partito dal fondo e l'ho corsa, non è stato neanche troppo duro. Mi sono sentito un po' meglio alla fine, come mi fossi tolto un peso.

Adesso ho la conferma, non la semplice confidenza, che posso correrla
se voglio, e questo mi dà l'idea di avere un certo controllo nella mia vita. Uno degli ansiolitici naturali più potenti.

E poi, però, correndo su al parco mi sono trovato le solite mucche al pascolo, giusto a fianco del
mio sentiero.

Che saranno vegetariane, saranno pacifiche, ma, primo, saranno tutte mucche? Le immagini dei tori a Pamplona emergono sempre prepotenti dal mio immaginario individuale.

E anche fossero pacifiche e vegetariane e tutte mucche, sono decisamente sovrappeso e si ti investono o ti si siedono sopra possono fare dei bei danni.

Ho camminato con cautela, simulando indifferenza e una certa preferenza per i bovini.

Mi hanno dato un paio di sguardi distratti e hanno continuato a ruminare. Si chiederanno mai della ricompensa eterna?

mucche al pascolo

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Intanto parti
Il vecchio trucco fuziona sempre, anche se non sai che lo stai usando.

Una giornata in cui ti pesa persino mettere i calzini, non parliamo delle scarpe. Un vento a tratti tagliente e una quasi pioggerellina.

Parti giusto perché ti sentiresti un pollo ad essere arrivato fin lì e a non essere neanche uscito dalla macchina. Almeno qualche minuto, ti dici.

Ma hai scelto una sterrato che dondola dolcemente e cominci ad andare, risolvi quei due problemi che ti stavano assillando, butti giù mentalmente una parte di questo messaggio, ti viene in mente come poter aiutare quelli che non hanno voglia, tempo o possibilità di leggere
le storie di Serena sullo schermo.

Ti prendi un'appunto mentale sulla tecnica di corsa: trovare periodicamente un terreno morbido, scivoloso o cedevole e cercare di passarci leggero senza creare scompigli alla sabbia, sparare indietro il brecciolino, flettere le assi di legno. E' un bell'esercizio, che ti aiuterà quando incontri il cemento, che di cambiare la sua struttura, anche momentaneamente, non ci pensa proprio.

Hai pure il tempo di goderti il vento a favore che ti spinge, e annusare l'aria pulita di bosco.

Senza accorgerti passa un'ora e un quarto, con qualche risvegliante variazione di velocità. Con l'orologio in tasca, perché qualche giorno fai hai rotto il cinturino.

E non sai ancora se prendere solo il cinturino nuovo o tutto l'orologio.

In realtà non sai se vuoi di nuovo un'orologio nella tua vita.
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Salt Point, CA - 29 luglio 2007

Salt Point

Ebbene sì, Salt Point, di cui parlo un po' in ritardo, e per di più con non molto da aggiungere rispetto a due anni fa, cui rimando perché fu un post ispirato, anche se forse non gradito, filosoficamente, a tutti.

Quest'anno c'era anche il sole, che ha reso l'esperienza ancora più piacevole.

Per me la più bella gara che c'è, specie la 26km, il resto è fuffa.

E la felicità non fa letteratura, stai lì con la tua faccia un po' assente, a bearti dell'esperienza e più di dire che sei contento non riesci.

Aggiornamento del 14 agosto: racconto più dettagliato e foto esplicative su Il Paletto

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Sperequazioni
Nei parchi della California le persone trovano cortesi inviti ad utilizzare i bagni chimici prima di entrare, e i canidi devono portarsi appresso un umano che paletta e sacchettino.

Gli equini possono evacuare senza fretta e limiti di quantità, a quanto pare.

Lo so, ho un debole per i cani, e i cavalli non hanno un debole per me. Ma, al di là delle mie preferenze, poco significative, continuo a non capire la logica sottostante queste regole.
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