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Sep 2007

San Fior, 1ma edizione di una gara che beneficia l'Associazione Renzo e Pia Fiorot

C'è una memoria della ragione, e una memoria del corpo.

Lungo il percorso della gara odierna, sono stato riportato a più o meno 25 (venticinque) anni fa. Era un punto specifico, il luogo dove ho corso gli allenamenti più duri di tutta la mia vita.

La trama era abbastanza costante. Ci si trovava a casa di Piero, il mio allenatore, si partiva con lui per un collinare in progressione di circa un'ora (da 6'km a 4'km), qualche allungo e poi si andava con 10/12 ripetute su circa 300 metri di cui i primi 250 in leggera discesa-pianura, e gli ultimi 50mt in salita. Recupero correndo piano.
Finito il tutto si partiva per il defaticamento, circa 20' per rientrare al punto di partenza.

Stranamente il momento che più si è fissato in me è la partenza del defaticamento, quando, svuotato totalmente, e mentalmente arrivato, mi trovavo a dover affrontare ancora venti minuti, seppur lentissimi (in termini assoluti).
Ecco, sono passato di là e mi è tornato in mente, o forse è meglio dire in corpo, quel partire per il ritorno, quando volevo solo accasciarmi lì.

Mi è servito per reagire quando cominciavo a faticare, oggi. Voglio dire, nulla è paragonabile allo stato di affaticamento in cui ero in quei momenti, e quindi un po' di affanno non è certo la fine del mondo.

Come al solito
il corpo reagisce alla mente, che reagisce al corpo, e se ti sistemi la postura (cercando di essere il più alto possibile, leggermente inclinato avanti, petto aperto per accogliere l'indispensabile ossigeno, rilassandoti dove non serve essere tesi, frequenza elevata e appoggio leggero) ecco che la fatica, avversario subdolo e parassita che si nutre dei dubbi del suo ospitante, recede, lasciando spazio ad una sensazione di vittoria, non importa quanto piano o quanto indietro nella classifica tu sia arrivato.

La gara in sé è piacevole, su un percorso collinare e, per i miei gusti, un po' troppo asfaltato. Nonostante la pubblicità praticamente inesistente (motivo per cui non so il nome preciso della gara) ha raccolto un discreto numero di adesioni. E ben venga una seconda edizione.
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15ma per le colline di Colle Umberto, senza chiedersi il perché.

E si torna a correre a casa, tra partenti anticipati e percorsi democratici (sentieri, asfalto, sterrato, ognuno trova in ogni gara un po' del suo ambiente preferito).

Non sono ermi colli, ma senz'altro mi sono cari.

A contribuire al piacere generale una giornata di quei Settembri da cartolina, caldi e asciutti.

E' andata in onda la consueta sfida con me stesso, che, frequentemente, mi vede sconfitto, ma oggi, con un guizzo d'orgoglio, ho prevalso di un'inezia, quando stavo per mollare, in vista della cima dell'ultima salita.

E' anche per questo che si corre.

E molti altri motivi sono stati indagati sabato sera, a
Pordenonelegge, dove Roberto Weber, autore del libro "Perché corriamo", era sul palco assieme a Luca Speciani, che in questo luogo non necessita di presentazioni, e Sergio Bolzonello, Sindaco di Pordenone, da un paio d'anni acquisto del popolo delle lunghe.

Ci sarebbe da sedersi quì e cominciare a disquisire, di evoluzione, di spiritualità e fisicità. Toccherebbe andare indietro a filosofi che si sono chiesti, a scienziati chini sulle carte per cercare una risposta, a semplici podisti che hano corso senza chiedersi e senza aspettarsi una risposta.

Ognuno ha il suo perché, più o meno razionalizzato.

Certo che che ci sono momenti della corsa in cui tutto si incastra in un istante perfetto, è proprio allora che capisci e, paradossalmente, o forse no, è in quell'attimo che non hai bisogno di alcuna spiegazione.
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