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Dec 2008

Libro: "Bill Bowerman, and the Men of Oregon" di Kenny Moore

Non sono mai stato interessato di storia per un motivo molto semplice: sono uno stupido.

La lettura di questa biografia mi ha infatti illuminato su molti eventi riguardanti la corsa e la sua evoluzione nel secolo scorso.

Bill Bowerman è conosciuto per essere il cofondatore della Nike e allenatore per molti anni presso l'Università dell'Oregon.

Io non sapevo, per esempio, che fu lui nei primi anni sessanta a importare negli Stati Uniti lo jogging, dopo una visita ad Arthur Lydiard in Nuova Zelanda. Prima di allora lo sport amatoriale non esisteva, chi faceva sport lo faceva a livello agonistico/professionistico o lo seguiva come spettatore.

Il libro è un lavoro certosino di uno dei suoi allievi, che parte dal bisnonno di Bowerman per poi continuare con l'influenza delle donne di famiglia, la gioventù scapestrata, lo sport, la seconda guerra mondiale, il lavoro come allenatore, le sperimentazioni con le scarpe, la nascita della Nike, il capitolo Prefontaine, brevi parentesi in politica vera e ampie parentesi in politica sportiva (le lotte contro le istituzioni che al tempo governavano l'atletica USA).

Ricordiamoci anche che Bowerman cominciò ad operare quando l'allenamento era ancora in fase 'oggi più di ieri e meno di domani'. Cominciò ad interrogarsi sulle basi fisiologiche e sull'importanza del recupero. A posteriori viene anche ventilata l'ipotesi che avrebbe potuto avere maggiore successo caricando maggioramente i suoi atleti, ma preferì sempre fornire una esperienza qualificante al rischiare il sovraccarico ed i relativi problemi di salute.

In definitiva un libro che non può mancare nella biblioteca di chiunque si interessi di corsa.
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Marcia Natalizia - Tezze di Piave TV

Una gara improntata alla rettitudine.

Rettilinei, e angoli retti dominano infatti il percorso. Così come l'asfalto, ad eccezione di un miglio d'argine, anche lui retto, del Piave.

Rischio noia, anche se c'è chi le curve se le porta appresso con eleganza, siano esse reali o di fantasia.

Per il resto la corsa è una disciplina di resistenza, e non capisco perché ci sia gente che ci si lamenti, per qualsiasi motivo.
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Riserve Inesplorate

Mi stavo godendo una foresta stile Oregon, con l'odore dell'umidità di una domenica mattina di tardo autunno, quando il suono di uno scampanellìo ha attirato la mia attenzione per un attimo, ma subito mi sono rassicurato al pensiero 'ah, un gregge'. Poi, nel mondo di sensi che circonda le corse nella natura, la vista di un cane esploratore (ma non lo sono tutti?) mi ha fatto pensare 'ah, qualcuno che porta a spasso il cane'.

Il cane, però, era di una particolare categoria, da caccia, la quale di solito non è oggetto di attenzioni medio borghesi quali la passeggiata (fine a sé stessa).

Dopo qualche centinaio di metri altro scampanellìo, due cani questa volta, e due umani in completo mimetico. Armati.

Quella che pensavo una riserva di ripopolamento si è rivelata una riserva di caccia. Affollata. In condizioni di visibilità ridotta.

Incredibile come un ambiente si possa trasformare in pochi secondi da accogliente e fucina di pacifiche riflessioni, a ostile ma culla di una intensa acutezza sensoriale e consapevolezza del presente (roba che c'è gente che paga fior di soldi per raggiungere).

Con passo leggero e rapido cerco di portarmi fuori dalla zona calda e sbuco sulla strada sterrata dove mi trovo faccia a faccia con un cacciatore in carne, ossa e sovrapposto. Faccio la cosa più sensata che si possa fare di fronte ad una persona armata: cerco di non irritarla. Mi scuso con un 'credevo fosse una zona non di caccia'.

Il cacciatore, con mia sorpresa, si sorprende a sua volta e mi chiede perché mi scusi. Io dico che non volevo disturbare e lui si lanci in una filippica sulla libertà di tutti di andarsene a spasso. Che carne in tavola ce n'è comunque, e che la caccia è un passatempo per cui anche se non prendono nulla non è cosa grave.

Si allontana borbottando e io entro finalmente in zona protetta, che non è detto che tutti la pensino come il mio interlocutore. Un po' mi solleva ma poi mi distraggo in fantasticherie sul futuro, e quel bel momento vigile di totale presenza è passato.

Ritornerà, per qualche minuto, in una discesa ripida e insidiosa, dove un passo falso potrebbe portare a un infortunio reale.

Per poi lasciare il posto ad una quieta sgroppata finale.
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La Forma è Sostanza

Una fascia plantare permalosa e saggia mi sta insegnando le virtù della pazienza.

E imparando mi sono trovato, dopo oltre cinque anni, immerso fino al collo nell'acqua blu di una piscina.

L'hanno inaugurata da pochi mesi e si trova a 2,5 chilometri da casa. Così, gestendo con attenzione l'attrezzatura necessaria, posso andarci correndo* col mio zainetto, un camelbak a cui ho tolto le interiora da tempo (la pulizia del sistema idraulico incorporato mi richiedeva più energie di quante ero disposto a spenderne).

Come andare in bici, le prime bracciate mi hanno ritrovato tecnicamente dove avevo lasciato, non un delfino, ma comunque scorrevole. Stranamente ho sofferto più di braccia che con la respirazione. Mi sembrava fosse stato il contrario la prima volta.

In ogni caso ho operato come ogni buon prinicpiante, o rientrante, dovrebbe fare (di quì la selezione
tecnica per il tema del messaggio): il massimo consentito senza perdere la "forma", nel mio caso due vasche, un breve recupero e via così per 50 minuti. Le prossime volte gradualmente passerò a qualche tre vasche, o addirittura quattro, consecutive, aumentando gradualmente e progressivamente fino a che arriverò a un'ora. Il tutto senza preoccuparmi di ritmo, distanze o orgoglio competitivo. Imperativo: nuotare bene.

Una volta raggiunta l'ora di autonomia si può cominciare a ragionare di variazioni e cose più sofisticate.

Vale per la corsa e per tutti gli altri sport ripetitivi. Vale anche dopo, quando si fanno le cose sofisticate, la tecnica corretta dovrebbe prevalere anche nei lavori al limite.
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* e ti si apre un mondo, per tutte le volte che hai letto di campioni olimpici che hanno speso l'infanzia da pendolari a doppia cifra in chilometri per andare a scuola e tornare.
Da buon figlio del boom economico l'ho solo letto, io ci andavo in pulmino, a scuola, e se la piscina era un po' più in là forse ci sarei andato in auto (d'altra parte la fascia birichina dispone l'autonomia in questi giorni). Ma forse no, e tornando al succo, ti senti viaggiatore con un fine, non ti stai allenando, divertendo, cazzeggiando, stai andando in un posto.
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11ma marcia dell'Immacolata - Solighetto TV

Come si diceva alla fine, ci vuole dell'impegno per sbagliare un percorso nelle colline dietro Pieve di Soligo. Ed infatti non è stato sbagliato, per gli amanti della campagna e di qualche brivido su sentieri tecnici, ma non impossibili.

In una giornata dove il sole l'ha fatta da padrone, un sacco di persone si sono messe al suo servizio, sbuffando e sudando in salita, e catapultandosi a vita persa in discesa. Almeno questa è stata l'impressione che ho avuto dato il mio ritmo uniforme pressoché ovunque, con numerosi sorpassi collezionati andando in su e altrettante sverniciate subite scendendo.
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Tra la Valsana e il West

E mentre Kami Semick vinceva la finale della TheNorthFace 50 miles Endurance Challenge, nei pressi di San Francisco, io e Serena ce ne andavamo in giro per la Valsana.

Avendo dei limiti di autonomia abbiamo camminato un'ora per salire all'attacco del sentiero su cui volevamo correre, e quindi siamo di lì scesi.

L'interesse generale in tutto questo è che a volte può capitare che uno non possa/voglia correre per il tutto, o un tratto, ma vorrebbe farlo per una parte. Nulla di male nel camminare prima, dopo, o in mezzo, si aggiunge comunque tempo sulle gambe, che non fa mai male, e ci si diverte nel tratto in cui si corre.

Serena oggi ha esibito un pregevole lavoro di piedi sui sentieri tecnici che caratterizzano la pedemontana trevigiana. Del resto lei è la trailrunner di famiglia.

serena1028a

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